venerdì 6 luglio 2012

Tagli? No, macrobiotica!


In questi giorni il governo sta applicando la cosidetta spending review (un inglese che sa quasi di maccheronico) applicando tagli ovunque ivi compresa la sanità.

Se invece di tagliare sulla sanità si curassero i 3 milioni di diabetici (tanto per dire una categoria) con la macrobiotica si risparmierebbero 5,17mln € l'anno ovvero il 6% della spesa sulla sanità (fonte: Ministero della salute) e si incentiverebbe una forma di agricoltura che risparmia il territorio dalla desertificazione e le alluvioni e che richiede più manodopera, quindi più impiego. Tre piccioni con una fava. Taglio di spesa, crescita economica, beneficio ambientale. E questo è solo un esempio dello stretto collegamento tra macrobiotica, economia, ambiente e salute. Ce ne sono a centinaia, e applicandoli nella pratica si risolverebbero praticamente tutti i mali attuali.
I numeri e le prove scientifiche a favore della macrobiotica ci sono e in futuro aumenteranno, come riporta questo articolo (e alcuni paper scientifici che credo di aver già riportato in passato).

Non resta che sensibilizzarsi al tema (e diffondere, invece che aspettare una soluzione dal cielo in forma di homo novus che risollevi l'Italia dal disastro).

giovedì 7 giugno 2012

L'auto ad aria e la proposta MDI: un'analisi obiettiva

Leggo su La Repubblica dello sviluppo del progetto di MDI, supportato da Tata per la commercializzazione dell'auto ad aria compressa in Europa. Nella lettura sono partito con il piede sbagliato e un po' di preconcetti, ma poi tutto sommato mi sono aperto un po' e ci vedo molti punti positivi in questo progetto, che presenta numerose differenze con auto elettriche o a idrogeno.

La mobilità ha bisogno di un bella botta sulla schiena: sono finiti i sogni di gloria su auto sportive decapotabili per fare i giri la domenica a vanvera. La botta sta arrivando sul fronte ambientale e su quello economico: da un lato la mobilità ha un peso enorme sulla salute (polveri sottili, obesità, etc.) e sul cambiamento climatico. Da un lato nessuno è più in grado di acquistare auto come si faceva una volta e le risorse per il loro mantenimento (e.g. benzina) sono in esaurimento. Perciò se il cambiamento non arriverà da parte nostra ci sarà imposta dal sistema chiuso in cui viviamo. Nel secondo caso i danni saranno irrecuperabili: guerre, carestie, vite umane, chi sa come potrebbe scaricarsi il problema che stiamo generando col ritmo odierno.

In tutto questo ridurre la mobilità meccanizzata è fondamentale, e per farlo bisogna anche ridurre le necessità di spostamento:
- niente più vacanze in aereo: se abbiamo avuto cura nei decenni passati dell'ambiente intorno a noi avremo sicuramente di che rilassarci già passeggiando per un borgo vicino o un parco nei dintorni
- niente trasporti di beni e alimenti da un capo all'altro del mondo, della nazione e della regione: ognuno cerchi di usare, produrre, acquistare e mangiare quello che ha vicino
- le visite ai parenti o il giretto in città si può fare a piedi, specie se stiamo facendo qualcosa per ridurre l'uso di automezzi nel posto dove viviamo.
Se non stiamo facendo un bel niente di ciò non possiamo lamentarci se il mondo va a rotoli.

Intanto cambiare il tipo di automobili che circolano è (solo) un piccolo passo.
COSA EVITARE: spacciare o farsi spacciare le tecnologie elettriche come la soluzione ad ogni problema. L'auto elettrica ad esempio: dove la prende l'elettricità? Dalla rete elettrica. Che in Italia è ad esempio basata per il 73% su combustibili  (dati ministeriali, vd. es. qui a pag 15, di cui in maggioranza carbone!). Un'auto elettrica sposterebbe virtualmente dunque la combustione in una località remota d'Italia, la dove si trovano le centrali, ma di fatto non risolve il problema. Anzi una migrazione massiccia all'auto elettrica richiederebbe un aumento della produzione elettrica spropositata che sarebbe nel breve periodo risolta con nuovi impianti a combustione (inclusi i tanto odiati inceneritori magari...). Per non parlare della quantità di materiali rari (ivi incluso il Litio per le batterie, che ad oggi si trova solo in Cina e i cui prezzi potrebbero schizzare in alto se essa volesse esercitare monopolio) e l'embodied energy (in italiano: energia grigia) del veicolo, ovvero l'energia/materia necessaria a produrlo.

L'idea di questa auto ad aria compressa è che, sì, serve energia elettrica per comprimere l'aria, ma rispetto a molte altre idee apporti diversi benefici:
- la produzione è semplice, la MDI sta cercando stabilimenti in ogni paese, a decine, piccole-medie imprese che possono produrre l'auto e rivenderla localmente, riducendo i trasporti di parti/beni, apportando beneficio economico ai produttori locali, e questo per me è uno dei punti più interessanti del piano di vendite di MDI, una specie di km zero anche per la produzione di beni
- la produzione dell'auto è semplice, poca embodied energy quindi
- la manutenzione dell'auto è semplice: le autofficine locali possono fare da sé, largo quindi alla riparazione (un po' come succedeva con le radio una volta)
- le auto sono piccole, anche monoposto, perciò consentono scocche leggere e minori consumi
- la vita è elevata (le batterie al Litio a confronto durano pochi anni) perciò l'embodied energy viene ammortizzata su un lungo periodo
- non sono molto rumorose

Contro:
- alcuni modelli necessitano di un piccolo motore a combustione per riscaldare l'aria (poca roba comunque)
- anche in questo caso, non si deve cadere nel miraggio no-benzina-no-inquinamento. Da qualche parte l'energia va prodotta lo stesso-
- non bisogna credere di aver risolto tutti i problemi del mondo così e rilanciarsi in una bolla di consumismo, acquisti di automobili "eco-friendly" (che termine viscido)

Punti neutri:
- il ciclo del motore ad aria porta la temperatura sotto zero: un po' di energia viene recuperata dunque per il condizionamento dell'aria d'estate. Chiaro però che d'inverno il riscaldamento richiede apposito consumo energetico

Spero di seminare qualche pensiero utile e strappare qualche erbaccia del tipo eco-balle che si sentono tutti i giorni. Ritorno di corsa alle mie ricerche "convenzionali".

martedì 5 giugno 2012

Il problema dell'acqua è l'agricoltura convenzionale

Uno dei temi problematici degli ultimi tempi, ma soprattutto di quelli a venire è l'acqua: qualità, scarsità, accesso alla risorsa, etc.
E' uno dei temi che per le mie attività conosco bene e posso dire che certamente questo report Legambiente non mi stupisce.
L'agricoltura dissipa il 50% della risorsa in Italia, più di 2 volte l'acqua utilizzata in industria o per uso civile (20mld mc l'anno contro 8 e 9). Mentre d'altro canto il ministero per le politiche agricole e forestali riporta spesso che il tasso di desertificazione di aree prima prevalentemente agricole è in aumento.
Se da un lato quindi, come sottolinea Legambiente, c'è bisogno di utilizzare l'acqua in maniera più efficiente (e qui servirebbe il sostegno economico dello stato: tutta l'economia si regge sul primario non sulla tecnologia!), dall'altro lato andrebbe ASSOLUTAMENTE applicata un'agricoltura più sostenibile, come la policoltura pianesiana, promossa e attuata dall'associazione Un Punto Macrobiotico che riduce al minimo gli input (inclusi acqua e concimi) e mantiene l'output elevato per un periodo di tempo indefinitamente esteso.

LA DESERTIFICAZIONE NON E' CAUSATA DALLA SICCITA' O DALL'AUMENTO DI TEMPERATURA, MA DALLA MONOCOLTURA CHE ERODE IL SUOLO E DALL'ELEVATO USO DI CONCIMI E ANTIPARASSITARI CHE LO RENDONO STERILE. L'immagine di deserto che abbiamo in mente è fuorviante: non si tratta di aree necessariamente aride, ma di aree dove la vita (a partire dal microbiota del terreno) stenta ad affermarsi.

Poi l'aumento di inquinanti provenienti da questa agricoltura e dall'industria rende molte falde non più adatte all'uso umano.

Il ruolo dell'agricoltura nella nostra vita è fondamentale (si pensi anche a quante alluvioni sarebbero evitate se il paesaggio non fosse monocoltura o cemento) ed è uno sfregio che solo il 2.6% della nostra nazione vi sia impiegato (e ancor meno ne sia davvero interessato)!

venerdì 30 marzo 2012

Cambio titolo

Ho capito molte cose sul tao e sulla macrobiotica entrando nei suoi meccanismi perciò non parlerò più di macrobiotica tout-court, quella per capirla bisogna viverla.
In compenso voglio parlare di fatti e notizie analizzandoli alla mia maniera, integrando i saperi acquisiti da ricercatore insieme a quelli acquisiti da macrobiotico.


Perciò nel cambiare il titolo al blog toglierò la fascia laterale che faceva così:


1. Perché macrobiotica:
* Si parte da un cibo di tradizione millenaria, più semplice, sano, perché...
* tramite studi scientifici e buonsenso se ne capisce l'importanza, dunque...
* ci si assume la responsabilità di prepararlo e sceglierlo, grazie a...
* un'etichetta trasparente, che necessita...
* un'agricoltura fatta con criterio e in loco, così
* il paesaggio cambia, si riduce il dissesto idrogeologico, si abbatte l'inquinamento e ritorna la biodiversità. E' vero, così...
* si lavora in molti nei campi e nell'artigianato, ma...
* il lavoro diventa solidale e il compenso equo, così...
* si sconfigge il capitalismo e il mondo non gira più attorno al denaro, inoltre...
* si sconfigge l'alienazione della fabbrica e dell'ufficio, tramite...
* l'integrazione di attività fisica e mentale durante la giornata, cosicché con la pace acquisita dall'attività fisica...
* la salute e le relazioni sociali diventano la metrica su cui costruire la nuova società, così anche...
* i ritmi rallentano e
* la vita umana sul pianeta ritorna sostenibile,
* possedendo meno l'attaccamento non va più alle cose
* ma alle persone e al sé,
* la cultura e la comprensione, portano...
* all'equilibrio, ovvero il fine ultimo della macrobiotica.
Tutto questo è macrobiotica.

Il percorso appena riassunto è l'unica vera rivoluzione da compiere all'entrata di questo millennio e non sarei mai arrivato ad una tale consapevolezza senza gli insegnamenti dell'associazione Un Punto Macrobiotico, Mario Pianesi, George Ohsawa, Naboru Muramoto, Fritjof Capra e Lao Tzi, la vita all'aperto e l'orto di casa.

lunedì 28 novembre 2011

Pane nostro che sei in Romania

"Ce lo metto io lo sfilatino"
Bravi, bravi, fidatevi della grande distribuzione, da [Le inchieste La Repubblica 1 nov]:
"Da qualche tempo, la produzione di pane del Paese dell'Est è salita a 4 milioni di chili. Una buona parte la mangiamo noi. Quasi un quarto del prodotto confezionato venduto nei nostri supermarket arriva di là. Preimpastato e surgelato dura due anni e basta una rapida cottura. Poco si sa sugli aspetti igienici e non c'è obbligo di esplicitare la provenienza sull'etichetta"

Tutto questo a fronte di un'economia locale che produce farine e pane con grano locale, integrale, senza lievito di birra, lievitanti chimici né zucchero, pane di riso, e tanti altri tipi di pane che si facevano fino a prima del boom economico e sono stati poi dimenticati per lo schifoso pane bianco chimico da panetteria comune, ristorante o supermercato.

Un esempio: al punto macrobiotico più vicino potete trovare pane a lievitazione naturale, con farina di frumento integrale, locale, da grani antichi (e non brevettati, a differenza del kamut, roba da matti brevettare un cereale) e pane di riso. Potete anche trovare pizze salate, maritozzi e altri dolci senza uova, latte e zucchero. Tutto questo a prezzi equivalenti a quelli di mercato, alla faccia dei vari negozi "bio" e "green" che propinano prodotti strampalati (avevamo davvero bisogno della Quinoa che si fa il giro del mondo per arrivare qua?), pieni di ingredienti non necessari ed esotici a prezzi da latrocinio.

martedì 1 novembre 2011

Ciao safari

Per chi lo ricordasse ancora, il safari non è solo uno browser (scarsino), ma è anche una moda cretina e poco temeraria, che a breve potrebbe non esistere più, se non in pochi zoo. Sembra infatti [La repubblica 1 nov] che la popolazione di tutti i gandi felini sia in drastica riduzione a causa dell'uccisione indiscriminata, nonché della minaccia degli habitat.

E fin qui un dato di fatto che probabilmente tante campagne di informazioni animaliste e ambientaliste fanno spesso sapere. 

Per quelli che pensano che la macrobiotica sia solo una questione di cibo, si sbagliano. Tant'è vero che ben due settimane fa circa, al 6° Convegno Ambiente-Agricoltura-Alimentazione-Salute-Economia, presso l'aula magna de La Sapienza di Roma, durante l'introduzione usuale di Mario Pianesi si riportano alcune stime al 1900 e al 2011 su popolazione umana (in netta crescita), foreste (in diminuzione), terreni agricoli (in aumento) e alcune speci animali in netta diminuzione, tra cui scimpanzé, elefanti e - appunto - leoni.


La differenza tra UPM e le associazioni ambientaliste è che la prima con molta modestia e radicalità sfrutta quei due spicci che ricava dalle proprie attività, inclusi i tesseramenti, per ristabilire habitat e microclimi in Italia, Africa e Asia. Chi è socio deve andare fiero di sapere le mille imprese, specie nei paesi in via di sviluppo, che vengono fatte anche a suo nome.
Le seconde invece si pigliano donazioni su donazioni per salvare due bestiole, a mò di arca di noè, e assicurarne la vita all'interno di una teca di vetro, per preservarne il genoma in un certo senso, e permettere di rimpiangere i tempi andati in cui vivevano in libertà, senza uno sforzo concreto nel contrastare il (dis)ordine delle cose.

A presto un breve indice degli interventi della conferenza di cui sopra, anche per farvi capire la portata delle azioni di UPM.

domenica 9 ottobre 2011

Presa diretta: terrà e cibo

L'ultima puntata di presa diretta su Rai3 parla dei drammi dell'agricoltura, del mercato del cibo globalizzato e viziato dalla speculazione. La politica totalmente ignora il problema per la palese incapacità di affrontare problemi tanto complessi. Consiglio a tutti di guardare il video della puntata o leggerne il riassunto su: http://www.presadiretta.rai.it
Ma come risolvere tutti questi problemi, questioni non solo italiane, ma globali, legate strettamente con la finanza speculativa, la malavita, l'assenza di trasparenza, la centralità del denaro rispetto alla condizione umana e il disinteresse dell'occidente nei confronti del cibo?
A tutto questo solo la filiera UPM, l'etichetta trasparente pianesiana e un po' di buonsenso e buona volontà possono sopperire.

In riassunto, i problemi indagati nella puntata:
- import del grano estero persino dall'australia quando in Italia ce ne sarebbe già a sufficienza
- export del grano italiano, per speculazione
- il disegno delle 5 maggiori multinazionali per la determinazione (riduzione) del prezzo del grano
- mancanza di trasparenza totale nelle materie prime (il made in italy è una bufala) anche grazie a cavilli di legge
- l'abbandono dei campi italiani, la disperazione degli agricoltori che non riescono più a sostentarsi dell'agricoltura
- il lavoro nero e le ingiustizie nei campi del sud
- la morte dell'economia agricola
- la contraffazione dei prodotti italiani
- il rischio maggiore di contaminazione da tossine cancerogene nei grani di provenienza estera e i limiti di legge inadeguati

E la puntata non parla di problemi come la desertificazione dei terreni, la lenta morte dei terreni coltivati in convenzionale, il grano "bombardato" (precursore degli OGM) che tutti gli italiani si mangiano e a cui è presumibilmente legato l'aumento dei casi di celiachia degli ultimi 40 anni, la insalubrità del convenzionale, l'alimentazione OGM dei capi di bestiame, la fame nel mondo provocata dalle agricolture chimiche e a OGM, la insostenibilità della filiera convenzionale, il tasso di disoccupazione elevato provocato dalla meccanizzazione estrema.

A tutto questo Un Punto Macrobiotico con la sua filiera di agricoltori e trasformatori e la pratica della policoltura Ma-Pi cerca di porre rimedio, grazie al lavoro instancabile di tanti grandi persone, umili e silenziose. Voi potete cambiare le cose avvicinandovi
al centro UPM più vicino a voi, acquistando i prodotti ivi reperibili e mangiando in maniera più sostenibile, secondo le 5 diete Ma-Pi. Pensateci.